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294 la fantesca

SCENA V.

Santina, Nepita.

Santina. O figlia, figlia, che infelice fortuna è questa che tu hai incontrata!

Nepita. Sventura ti pare ritrovarsi con un giovane bello, di diciotto anni, nel fior degli anni suoi? oh, l’aveste incontrata voi, padrona, questa sventura!

Santina. Taci, porca, pensi che tutte le donne sieno cattive come sei tu? Frena la tua lingua cattiva.

Nepita. Cattiva lingua vi pare quella che dice il vero? Vedete vostra figlia che ha manco anni di voi ed è stata piú savia di voi, che se l’ha tenuto tre anni in camera e non ha fatto saper cosa alcuna né a te né a me. A fé, che le fanciulle d’oggi san piú dell’attempate del tempo antico.

Santina. Tu non solo sei di cattiva lingua ma di peggiori operazioni; e se non lasci le baie, ti romperò la testa.

Nepita. O che l’avesse incontrata io questa sventura, ché non l’arei fatto saper né a voi né a vostra figlia, e me l’arei saputo goder questo tempo.

Santina. E chi può guardarsi da simil sciagura? entrar un giovane prosontuoso, vestito a donna, in una casa onorata per disonorarla?

Nepita. Sarebbe assai bene farsi un officiale che, quando se avessero a tor le fantesche, le ponessi le mani sotto per veder se son uomini o femine. A che giova tener le donne serrate in camera con porta e fenestre e chiavistelli, se i giovani se trastullano con loro sotto altro abito?

Santina. Apri la porta: entriamo.