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292 la fantesca


Gerasto. Io non dico questo, che tu abbi a distorti dal tuo proponimento; ma ascolta, e poi inteso il tutto, fammi castrare, ch’io starò piú paziente d’un agnello, e se non basti tu sola, chiama i parenti, gli amici, i vicini e Nepita ancora, ch’io perdono a tutti.

Nepita. Padrona, di grazia, ascoltate, che certo sará altro di quel che pensate.

Santina. Ragiona presto, finiamola: ti vo’ dar questa sodisfazione prima che facci la festa di fatti tuoi.

Gerasto. Sappi per certo, moglie mia cara, ch’io son stato innamorato di Fioretta, e per dirtelo chiaro, arei pagato la robba, i figli e la vita, per godermi una volta lei, ...

Santina. Lo so meglio di te, non bisognarla che lo dicessi a me.

Gerasto. ... e v’ho fatto mille tradimenti per averle le mani adosso. ...

Santina. Ma poco ti ha valuto.

Gerasto. ... Oggi vedendo l’occasione che la casa andava sozzopra, la feci prender da certi amici e la feci condurre in questa camera terrena oscura, e io mi serrai con lei. Ella stava dubbiosa e timida, come la volessi uccidere; e io con le piú dolci parole che sapeva, dicea: — Dolce Fioretta mia, cara mia moglieretta, core, vita, occhi! ...

Santina. Mira il furfante con quanto sapor lo dice!

Gerasto. ... L’abbraccio e mi sento pungere il mustaccio, come fusse uomo. Alfin le stava inginocchiato denanzi; ella tira a sé i piedi e mi dá una coppia di calci sul petto e mi fa cascar supino in terra, che mancò poco non mi scavezzassi il collo. ...

Santina. Sia maladetto quel «poco»!

Gerasto. ... Pur facendo animo a me stesso, innamorato e pesto, come meglio posso, dicendo che calci di stallone non fanno male a giumenta, con maggior rabbia e ardore torno alla battaglia. ...

Santina. Mira come me lo dice onestamente! Taci, taci, vecchiaccio senza vergogna! parti cosa onorevole ragionar di queste sporchezze?