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atto quarto | 271 |
Essandro. Farai come quello che gioca, che va buscando danari e trova bastoni. Ma cosa è questa che tu altro hai qui sotto?
Narticoforo. Il mio verbere, la mia fustiga, il mio baculo magistrale.
Essandro. Con questa fustiga fustigherò te, ché per adesso io non mi vo’ imbrattare le mani di sangue di pedante.
Narticoforo. Gentiluomo de indole prestantissima, «cedant arma togae»: non far questa ingiuria a questa toga venerabile.
Essandro. Vien qua tu, alzami costui su le spalle.
Dante. Soy para esso muy flaco de lombos.
Essandro. Finiamola, poltronaccio.
Dante. Dadme essas manos, ¡con todos los diablos!
Narticoforo. Ah, gentiluomo — ti vo’ comporre un ottastico di versi scazonti, coriambici, anapestici, proceleusmatici, e vo’ che dichino ne’ capiversi il tuo nome, — non far ch’io vápuli come un putto!
Essandro. Ti vo’ proprio vapular come un putto.
Narticoforo. Avertite che fate falso latino: ché «vapulo» est verbum deponens, idest quod deponit significationem activam et retinet passivam: però «ego vapulo», io son battuto; non «vapulo», io batto.
Essandro. Tu stai a cavallo e impari lo falso latino a me! Ma questa mattina io ti ho dato lo latino; e adesso vo’ che lo facci a cavallo, e voglio che numeri le bòtte con la tua bocca, e come fai errore, cominciarò da capo.
Narticoforo. Fermate, di grazia; non cominciate ancora. Come volete che numeri, adverbialiter: semel, bis, ter; overo numeraliter: unus, duo, tres; overo ordinaliter: primus, secundus, tertius?
Essandro. Non tante parole: stendi le gambe; se non, che te le farò tener da un fachino.
Narticoforo. Fate almeno che mi reminisca l’interiezioni dolentis.
Essandro. Taf.
Narticoforo. Heu, unus!
Essandro. Taf.