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atto quarto 267


Essandro. Dice che ave un asino in casa, se li volete medicar i testicoli.

Gerasto. Oh, che mi vien tanta rabbia che, se fusse qui, vorrei fargli veder chi son io.

Essandro. Dice che vi chiamate messer Orinale.

Gerasto. Son uomo da spezzarcene cento nel volto, di urina putrefatta.

Essandro. Dice che voi solete patir di una certa infirmitá bestiale e che l’avete richiesto..., mi vergogno dirlo.

Gerasto. Egli ne mente insin dentro al suo cervello e quanti lo credono.

Essandro. Va adesso a trovar un capitan spagnolo bravissimo, chiamato Dante, perché dá bravissime bastonate.

Gerasto. Sotterrerò lui e chi vuol difenderlo, di bastonate. Ma io non sono di sí poca stima in questa cittá che non abbi una dozzina di spagnuoli a mio comando.

Essandro. È rissoluto ammazzarvi in ogni modo; e penso sará qui tra poco.

Gerasto. Egli mi troverá qui piú tosto che pensa.

Essandro. Io vo’ a dirglilo.

Gerasto. Né io sarò cosí sciocco che, venendo egli accompagnato, mi voglia far trovar qui solo. Menarò meco el capitan Pantaleone spagnuolo, che lo medico gratis.

SCENA IV.

Capitan Dante, Narticoforo.

Dante. Ahora decidme cuantos mil hombres quereis que yo envie á los infiernos.

Narticoforo. Uno uomo solo, vecchio decrepito, veternoso e silicernio.

Dante. Ah, cuerpo de mis males! mirad lo que me dice, por vida de quien soy, que me agraviais en elio, que haya yo de atreverme á matar un viejo podrido, moho de la tierra, no es