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264 la fantesca

suo figlio, e a lui sta a menarsela in Roma quando gli piace; e tu devi esser di cattiva lingua.

Narticoforo. Poco anzi con encomi egregi onorasti Narticoforo ludimagistro, e or ricanti la palinodia chiamandolo semifatuo e mentitore.

Gerasto. Ho lodato Narticoforo; ho detto mal di te.

Narticoforo. Ego sum Narticoforus «fama super aethera notus».

Gerasto. Tu Narticoforo romano?

Narticoforo. Ipsissimus Narticoforus.

Gerasto. Se tu sei Narticoforo e te ho lodato, mi sono ingannato e ne mento per la gola.

Narticoforo. Non mi sono ingannato io di te, che ho detto quel che sei.

Gerasto. Narticoforo e suo figlio sono in casa mia; e ti farò veder la veritá quando vorrai.

Narticoforo. Quando venne in tua casa Narticoforo?

Gerasto. Poco innanzi; han pranzato e or si stanno a riposare per lo viaggio fatto.

Narticoforo. Narticoforo e suo figlio sono in casa tua?

Gerasto. Quante volte vuoi tu sentirlo?

Narticoforo. Potrei vedergli io?

Gerasto. Per vincer col vero la tua perfidia, vo’ che gli veda. Olá, o di casa, fate venir Narticoforo e suo figlio fuori. Ti farò veder la mia veritá.

Narticoforo. Qui non può esser veritá alcuna; né vedrò altrimente Narticoforo se non vedo me stesso, né Cintio mio figlio se non vado nel diversorio dove l’ho lasciato.

SCENA II.

Morfeo, Gerasto, Narticoforo.

Morfeo. Che dimandate pa... padre ca... ca... caro?

Gerasto. Ecco il suo figlio Cintio.

Narticoforo. Questa non è l’indole di mio figliuolo.

Gerasto. Questo forastiero ha caro vedervi.