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atto quarto 263


Gerasto. Perché non vi facesti mostrar quella sua figlia appestata?

Narticoforo. Lo chiesi; e venne fuori con certe tumefazioni nella bocca, con una ernia di sotto, che non so se Tesifone o Megera potesse essere piú difforme di lei. E allora mi disse che mi fusse scostato dalla casa, perché era pestifera.

Gerasto. Questa mi pare una forfantaria e indegna di uomo da bene; e ne meritarebbe castigo. Però vi prego, se è però lecito, dirmi il nome, acciò ci possiamo guardar da lui.

Narticoforo. Lubentissime faciam. Suo nome è Gerasto di Guardati.

Gerasto. Gerasto de Guardati! come, quando e dove fu questo?

Narticoforo. Hic, in questo luogo; illic, in quel luoco; istic, per qua: poco innanzi, come v’ho detto.

Gerasto. Gerasto di Guardati ti ha detto che ha una sua figlia con una fistola dinanzi, ed egli un’altra di dietro?

Narticoforo. Certissimo, quello che ascolti.

Gerasto. Come sta fatto questo Gerasto che tu dici?

Narticoforo. Gracilescente, col collo obtorto, con oculi prominenti, strabbi e di color fosco.

Gerasto. Dio me ne guardi che Gerasto fusse cosí fatto! Tu mi hai dipinto un appiccato. Gerasto è tutto di contrarie fattezze: che è grasso, collo corto, naso schiacciato, colorito; e per non tenerti a tedio, io son Gerasto di Guardati. Né mai viddi te se non adesso; né ebbi io fistola dietro mai, né mia figlia innanzi, se non quella che ci ha fatto la natura istessa; e se lo luogo di mia figlia fusse men onesto, or la snuderei; e se io non stessi nella strada publica, or ora mi slacciarci le calze e te lo mostrarci in prospettiva, accioché con gli occhi tuoi vedessi il tutto. Né io ho nipote né trinepote che possa pormi legge: e tutto è mentita quanto hai detto.

Narticoforo. Ho detto il vero, piú vero di quel vero che tu dici.

Gerasto. È ben vero che ho promesso a Narticoforo romano, onoratissimo uomo, dar mia figlia Cleria per moglie a Cintio