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atto terzo 259


Speziale. In questa casa dicevi tu che ci era carestia di legne? ché in nessuna casa m’è accaduto mai me ne siano state date in piú abondanza né a miglior mercato né con peggior modo!

Morfeo. Ancor sei qui, brutto poltrone?

Speziale. Se non ti piaceva, non potevi licenziarmi senza cacciarmene come si cacciano i cani?

Morfeo. Sgombra, fuggi di qua!

Speziale. (Deh, se posso appuntartelo dietro, o ce lo ficcherò insino al manico o farò il brodo tanto caldo che ti scotterò tutte le budelle. Ti farò peggio che non hai fatto a me).

Morfeo. Che borbotti, sozzo asino?

Speziale. Era venuto a farti il serviggiale, non per esser battuto.

Morfeo. Che hai ad impacciarti se voglio vivere o morire? sei mio tutore?

Speziale. Era venuto qui per un carlino, non bastano quattro a medicarmi.

Morfeo. Ti duoli forse che non t’abbi dato quanto merita la tua perfidia?

Speziale. Che gran fatto era lasciarti far il rimedio? Questo ti cava tutti i cattivi umori dal corpo: ti allegerisce la testa, ti leva le fumositá dal cervello, ti mantien largo da dietro, che non arai piú male in tua vita. Il male è poco, l’utile è molto: non sète giá putto, che abbiate a vergognarvene.

Morfeo. Ben dice il proverbio: «Sei piú fastidioso del serviggiale»; ma tu avanzi tutti i serviggiali del mondo.

Speziale. Lo farò con tanta destrezza che, quando stimerai che non abbi cominciato, arò finito.

Morfeo. Orsú, io fo stima che non abbi cominciato; fa’ stima tu che abbi finito, e va’ via.

Panurgo. (Morfeo, di grazia, obedisci: non scopriamo il fatto per cosa cosí leggiera).

Morfeo. (Fattelo far tu o il tuo padrone a cui appertiene questo, accioché vi purgasse quelli umori che dice lo spe-