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250 la fantesca


Nepita. Non v’è; né se vi fusse, potrebbe venir a voi, perché ha in casa certi forastieri romani.

Narticoforo. Che son questi, ádvene over ospiti?

Nepita. Dico, forastieri non osti.

Narticoforo. Dico, ospiti non osti. Hic et haec et hoc hospes et advena: uomo, femina e cosa strana.

Nepita. Un certo Nasincolio o Nartincoforo, che cento cancheri sel mangino!

Granchio. Un solo possa mangiar te!

Narticoforo. Impara, «Narticoforo» bisogna dire, non «Nasincolio». È nome greco e viene «apò tú nartix», cioè «ferola», e «phoros», idest «ferens»; cioè «che porta la ferola». E come lo scettro è segno della regia podestá, cosí la ferola è segno della magistral dignitade. Ma avèrti che Narticoforo non è ancor giunto.

Nepita. Come non è giunto, se l’ho visto con questi occhi?

Narticoforo. Te allucini, te inganni.

Nepita. Cosí non fusse egli venuto mai!

Granchio. Cosí non avessimo trovata viva te!

Nepita. O s’avesse rotto le gambe per la via...

Granchio. O t’avessi rotto il collo tu...

Nepita. ... egli, suo figlio e chi fu cagion che venisse!

Granchio. ... tu, tuo padrone e chi ti dá questa creanza!

Narticoforo. Come Narticoforo è in casa, se ragiona vosco?

Nepita. Ho da burattar la farina per i maccheroni, e voi mi trattenete: lasciatemi andare.

Narticoforo. Bona verba, quaeso, ascoltiate.

Nepita. In casa voi non alloggiarete, ben potrete andar altrove.

Granchio. Bel modo di ricevere i forastieri amici del padrone!

Nepita. Se non gli farò qualche burla, non mi torrò oggi questo barbagianni dinanzi.

Narticoforo. Dammi udienza, di grazia.

Nepita. Eccovela.

Narticoforo. Ah, pedissequa, ancillula, scortulo, meretricula, che m’hai ottenebrati gli oculi con questa tua farina. Proh Iupiter, che l’avesse nelle mani per dilaniarla in mille frustuli!