Pagina:Della Porta - Le commedie I.djvu/221


atto primo 211

la fortuna. Un buono animo ne’ mali è un mezzo male. Non vi perdete d’animo!

Essandro. L’animo non è possibile che piú lo perda.

Panurgo. Perché?

Essandro. Perché è giá perso.

Panurgo. Richiamatelo a voi.

Essandro. È gito in essiglio, va vagando troppo lontano.

Panurgo. Ed è possibile che siate cosí povero di partiti che non sappiate trovar rimedio al vostro male?

Essandro. Se non ho l’animo meco, come posso trovarlo?

Panurgo. Orsú, lasciate che ritiri me stesso un poco in consiglio secreto; suoni il tamburro e chiami sotto l’insegna le trappole, gl’inganni, le finzioni, le furfantarie; facci la rassegna e metta l’essercito in rassetto, accioché diamo l’assalto a questo vecchio e lo poniamo in tanti travagli che a suo dispetto lo facciamo cadere.

Essandro. So che, disponendoti d’aiutarmi, posso promettermi dal tuo ingegno quanto desidero.

Panurgo. Pensi che sieno finite le stampe di quei Davi e Sosi e di quei Pseudoli delle antiche comedie? Or stammi di buona voglia.

Essandro. Andiamo a casa tua, che vo’ vestirmi da maschio, ché oggi la vo’ finir con Cleria: tentar prima l’animo suo e palesarle il tutto, poi seguane quel che si voglia.

Panurgo. Andiamo, per la strada voi mi narrerete il successo, e pigliaremo qualche partito a disturbar questo matrimonio.