Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
202 | la fantesca |
scoprirle i miei secreti e, se m’accetta per sposo, avisarne mio zio e farla chiedere legitimamente per sposa; ché come Gerasto sará informato ch’io mi sia, me la concederá davantaggio.
Nepita. Certo che mi è caro, ché m’affliggeva il cuore veder patire quella povera figlia. Le vengono alle volte certi svenimenti di cuore, che par che si muoia: ti porta tanto amore che avanza ogni meraviglia. Or credo che sei de’ Fregosi, poiché l’hai posta in tanta frega.
Essandro. Or la fede che ho avuta in te, di averti scoverto quei secreti che fin qui non ho confidato con niuno, ti obliga ad essermi fedele; ché conseguito il matrimonio, farò che le leggi della nobiltá abbino quella forza in me che aver denno. Io ho un servo in casa, che ha gambe sotto cosí robuste ch’è buon per caminare quattro e cinque miglia per ora, come tu proprio vorresti; te lo darò per marito, e serai madre di mia moglie e padrona della casa.
Nepita. Ne vedrai la prova, che d’oggi innanzi m’adoprerò in tuo aiuto con ogni modo possibile.
Essandro. Tuo ufficio sará d’aiutarmi, poiché cosí speranza me ne dái.
Nepita. Ma, per parlarti alla libera, non posso credere che tu sia maschio.
Essandro. Credilo, che è cosí.
Nepita. Giamai credei a parole.
Essandro. Dunque, nol credi?
Nepita. No, ché voi giovani vi dilettate di dar la baia: però bisogna prima chiarirsene e poi credere.
Essandro. Farò che lo vedrai.
Nepita. E questi che fan le bagattelle, pur fan veder molte cose che non sono.
Essandro. Farò che tocchi la veritá con le mani.
Nepita. Or questo è altra cosa.
Essandro. Va’ e dille che si facci su la fenestra, ché vuol ragionarmi, e a questo effetto sono qui fuora.
Nepita. Volentieri.