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ATTO V.

SCENA I.

Capitano de birri, Forca, Alessandro, Pirino, Panfago.

Capitano. Eccoci qui apparecchiati a servirvi.

Forca. Or ponetevi qui in agguato; e passando quel furfante, lo pigliarete e strascinatelo in prigione.

Pirino. Ecco Alessandro. La cosa va bene.

Forca. Tolto che voi l’arete, andremo in casa sua, ché quivi troveremo le vesti e le robbe che ha rubate, e le porteremo in Vicaria.

Capitano. Cosí faremo.

Forca. Eccolo che giá viene.

Panfago. Quel maledetto pazzo ha mancato poco a strangolarmi: ho passato un gran pericolo.

Forca. (In un maggior incorrerai).

Panfago. Son stato tutto oggi in travaglio, e non ho potuto tòrre un maledetto boccone.

Forca. (Via piú gran travaglio ti sta apparecchiato, e non cenerai per questa notte, ché dormirai in un criminale).

Panfago. Quel dottoraccio sta arrabbiato, ché non ha trovato la sua innamorata: né ha cenato egli né ha fatto cenar me.

Forca. O voi, togliete questo ladro traditore.

Panfago. Io ladro, eh? voi m’avete rubbato il pasto, e io sono il ladro! Che volete da me?

Forca. Lo saprai quando starai attaccato alla corda, e il confessarai a tuo marcio dispetto.

Panfago. Lasciate le mani voi: perché mi ligate?

Alessandro. Legatelo bene che non vi scappi; ché non è questa la prima volta che ha patiti simili affronti. Vuoi tu