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atto terzo 147


Panfago. A vostro piacere.

Mangone. Ditemi, di grazia, il nome del padron vostro.

Panfago. Il suo nome è Rastello Fallatutti di Monteladrone.

Mangone. Il vostro nome, accioché possa servirvi.

Panfago. Rampicone di Maltivegna.

Mangone. Per quanto tempo il vostro misser Rastello Fallatutti si fermará in Napoli?

Panfago. Mentre dará spaccio alla sua mercanzia. Verrá a voi al tardi o al piú domani, tratterá su questo negozio e, liberato dal peso, tornará quanto prima a Raguggia.

Mangone. Da dove vengono questi schiavi in Raguggia?

Panfago. Da Segna in Raguggia, e d’indi li portano in diversi paesi.

Mangone. Quanti ne ha portati per vendergli?

Panfago. Da quaranta in cinquanta, e giá li voleva portare in Ispagna; ma per aver incontrato per il camino certe fuste le quali facevano l’amore con la nostra nave, l’è paruto piú sicuro fermarsi qui in Napoli, se forse li potesse qui smaltire.

Mangone. Filace, vien qui fuori.

Filace. Eccomi.

Mangone. Hai dato da far collazione a quei giovani?

Filace. Sí, signore; e omai se l’han divorata e menano le mani assai valorosamente.

Panfago. Son usati a menarle su le funi a’ servigi della nave.

Filace. Eccoli che vengono fuori.

Panfago. Avviatevi innanzi alla nave, sgombrate tosto: che fate? non vo’ che vegnate meco, ch’io verrò appresso.

Mangone. Vi prego a ricordarvi che vi son servo, e raccommandatemi a misser Rastello Fallatutti di Monteladrone.

Panfago. Egli vi si raccommanda di tutto cuore. A dio, Mangone.

Mangone. A dio, Rampicone di Maltivegna.

Panfago. A te è giá venuto il male, e ti ricorderai spesso del mio nome! Andrò a spogliarmi, e a casa di Alessandro a diluviare.