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146 | la carbonaria |
Mangone. Non lo servirai molto tempo, perché ti fará libero presto.
Melitea. L’aspetto suo venerando mi mostra che i suoi costumi sieno pieni di dignitá e di cortesia; poi, vedendo quanto i miei servigi saranno amorevoli e pieni di affezione, non dubito di non esser ben trattato da lui e della mia libertá.
Mangone. Mirate che risposte argute. Di grazia, dimandateli alcuna cosa.
Filigenio. Quale è il vostro nome?
Melitea. Amore: ché se ben la natura mi fe’ nascer libero, amor mi fa viver schiavo, godendo di questa servitú cara e dolce piú d’ogni libertá: avendo il corpo schiavo, arò sempre l’animo libero. Servirò voi e il vostro figlio con grande amore; e se voi mi compraste con prezzo d’oro, a lui m’ho reso schiavo con prezzo di amore: e certo che riconosciuto che sará il mio amore, sarò degno di libertá.
Mangone. Il nome val ogni dinaro: sará certo nato nobile nel suo paese, perché ancora nelle miserie spira la sua nobiltá.
Filigenio. Di che paese sei?
Melitea. Di Pirinaica.
Filigenio. Di che cittá?
Melitea. Amorina.
Filigenio. Dove sono questi paesi?
Melitea. Nella Morea.
Filigenio. Come stai?
Melitea. Come posso, poiché non posso star come vorrei.
Filigenio. Come sopporti la servitú?
Melitea. Con animo assai libero e franco, per sentir manco travaglio; perché colui che serve con animo servile, patisce due servitú, e del corpo e dell’animo.
Filigenio. Mi pensava aver comprato un schiavo e ho comprato un filosofo.
Mangone. Il ragionar di costui non vale un regno?
Filigenio. Quanto piú lo miro e ascolto ragionare, piú mi piace. Su, quanto ne domandi?
Mangone. Quanto volete voi darmi?