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atto terzo 141


Pirino. ... È vero; né si turbò egli giamai verso voi, se non quando lo richiedevate di simil giuramento, quasi volendolo notare d’infedeltá, avendo egli piú timore d’offendervi che del giuramento, e che non richiedendovi di propria volontá, voi stimavate che lo facesse per il giuramento.

Melitea. Ahi, ahi!

Pirino. Di che suspirate?

Melitea. Della rimembranza de’ passati piaceri. Ma ditemi, poiché tanto sapete, dove si ritrova egli ora?

Pirino. In questa strada.

Melitea. Come in questa strada, che se mi volgo intorno intorno, non veggio altri che te?

Pirino. Ha ragionato ed è stato con voi, come state e ragionate meco; e v’è piú dappresso che non pensate.

Melitea. In qual luogo m’ha ragionato?

Pirino. Dove voi sète e io sono. Ma ditemi, s’egli vi volesse rubare a Mangone, fuggireste con lui da sua casa?

Melitea. Da questa vita ancora.

Pirino. Andareste a casa sua con lui?

Melitea. Per acqua, per fuoco e per dove non è via, con lui; che egli solo è la patria, la casa, lo sposo e mio signore.

Pirino. Or ora?

Melitea. Or ora.

Pirino. Senza temer alcuno accidente?

Melitea. Né la morte istessa — che si può dir piú della morte? — e se ben la morte per altra cagione mi parrebbe amara, per ciò mi sarebbe piú cara della vita.

Pirino. Se ve lo facessi vedere, che pagareste?

Melitea. Vi giuro — non da povera schiava ridotta in sí misero stato dove mi trovo, ma da quella gentildonna che fui, — che riporrei questo beneficio nel fondo del mio core, per pagarlo poi quando potessi con quanto vaglio; che avendo a morir tra poco, morrei contenta.

Pirino. E se lo vedeste, che fareste?

Melitea. Che farei, dici? Me gli attaccherei con le mie braccia al collo con nodi e groppi cosí tenaci, che non timor di