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130 la carbonaria


Filigenio. Non mi curo altrimente; venghiamo al tronco.

Alessandro. Pregandomi come di cosa dove ci va l’onore e la vita; e mi vennero, insieme con l’altre, molte lettere di cambio, se mi bisognassero come di danari.

Filigenio. Danari non sarebbono mancati a me in vostro servigio.

Alessandro. Replicandomi: non essendo serviti da me come si richiede, rimarrebbono ruinati. Son uomini veramente di sommo valore e degni d’esser serviti.

Filigenio. Dite pure in che posso servirvi.

Alessandro. Vorrebbono un schiavo di diciassette over diciotto anni, negro, di bel garbo e di acconcie maniere, che avesse del nobile; e che nel comprarlo non si avesse a risparmiar danari. Intendo che Mangone, qui appresso, n’abbia o ne soglia aver de buoni e belli; però vorrei che in mio nome ne compraste uno, e non avendolo, gli deste cura di ritrovarlo fra poco.

Filigenio. Tanto importa un schiavo?

Alessandro. Come saprete il negocio, conoscerete l’importanza: eglino confidano in me molto; non vorrei che restassero ingannati di tanta speranza. Io per certi rispetti non posso mostrarmi con lui, per esser accadute alcune parole sconcie fra noi; e chiedendolo io, mi vorrebbe appicar per la gola. Eccovi nella borsa cento scudi, dateli per lo prezzo o almeno per caparra: dateli sin tanto che basti a saziar la ingordigia.

Filigenio. Vi servirò molto volentieri. Scudi non bisognano, che ne ho le migliaia per vostro commodo.

Alessandro. Se non togliete i danari per arra, non vo’ che mi favoriate nel negozio.

Filigenio. Per non trattenermi vanamente in cerimonie, che ho fretta di servirvi, li torrò, e or m’invio verso la sua casa.

Alessandro. Ed io per non dargli occasione che mi veggia con voi, mi partirò e verrò da qui ad un poco per saper quello che abbiate trattato.

Filigenio. In buon’ora, non vo’ perder tempo in servirlo! ché chi serve tardi, mostra che sia pentito della promessa, e chi serve presto, raddoppia la promessa. Eccolo che torna a casa.