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atto secondo 129

SCENA V.

Filigenio, Alessandro.

Filigenio. (Son uscito fuori, se posso veder Forca per saper che cosa ha fatto col dottore: m’ha lasciato certi bisbigli in testa i quali, se non me li ritoglie, non mi lascieranno mai riposare. Il Forca è cattivissimo, conosce gli umori delle persone, e non è altro che sappi meglio di lui i negozi di mio figlio, ed è buon mezo a questo effetto: il suo consiglio mi piace: volendo servirmi, come dice, non è dubbio ch’io non sia ben servito).

Alessandro. (Chi è costui che ragiona?).

Filigenio. (Chi è costui che vien verso me?).

Alessandro. (È Filigenio, quel che cerco).

Filigenio. (E Alessandro mio vicino).

Alessandro. (L’andrò ad incontrare). O Filigenio, Iddio vi conceda ogni vostro desiderio.

Filigenio. Non è altro il mio desiderio che servir voi, caro Alessandro.

Alessandro. Or veniva insino a casa vostra, per pregarvi d’un segnalato favore.

Filigenio. Eccomi ad ogni vostro comando: ché colui che non servisse voi volentieri, non meritarebbe esser servito da niuna persona del mondo, perché voi potete e sapete servir gli amici vostri.

Alessandro. Se avessi saputo imaginarmi persona sufficiente piú di voi nel maneggio di questo mio negozio, arei fuggito darvi fastidio; non potendo altrimente, m’è forza a valermi del suo favore.

Filigenio. V’offerisco la prontezza dell’animo.

Alessandro. Vi ringrazio di tanta cortesia. Iersera mi venne un corriero a posta da alcuni miei amici; e mi mandano un fascio di lettere, avisandomi con replicati ricordi l’importanza del negozio. Le lettere potrete vedere ad ogni vostro agio.