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atto secondo | 121 |
salciccia — comprati il giovedí mattina prima ch’esca il sole, e pagandole al bottegaro quanto ne chiede, e arrostite a fuoco di legne di lauro senza parlare e con certe polveri di sopra, — ne fo un capestro, ce lo pongo in gola, e non potrá piú parlare.
Pirino. Questo secreto l’ho provato molte volte e non mi è riuscito.
Forca. Perché non sai tutte le cerimonie che vi si convengono; overo farò esperienza di una certa onzione.
Pirino. Che onzione?
Forca. Medolle di ossa di bue cotte in certi pasticci, grasso di caponi in suppa, e la domenica mattina a digiuno li ongerò la gola.
Pirino. Questi grassi lo faranno vomitar piú tosto quanto saprá di noi.
Forca. Anzi è contro il vomito, e l’ho esperimentata con voi piú volte.
Pirino. Fa’ come vuoi, non ti vo’ contrariare in questo; dimmi, che hai disegnato di fare?
Forca. Ascolta: io so far una polvere di carboni che, meschiata con olio e ongendone la faccia, la fará nera come un schiavo, d’un nero assai naturale.
Pirino. A che servono i carboni?
Forca. In simili carboni sta tutto l’inganno e la furberia: questi trarranno i danari di man di vostro padre, inganneranno Mangone e vi faranno posseder Melitea. Questa polvere la buona memoria di mio padre usava spesso ne’ suoi ladroneggi, con questa scappò mille volte da prigionia, dalla galea e dalla forca — ché era la piú reverenda persona del mondo; — io che camino per le paterne vestigia, imitator della sua virtú, me ne sono servito in molti casi importantissimi.
Pirino. Che abbiamo a far con la polvere?
Forca. Con quella polvere ti ungerò le mani e la faccia, che parerai un schiavo naturalissimo.
Pirino. Poi?
Forca. Poi pregaremo Alessandro vostro amicissimo, che preghi vostro padre, che compri da Mangone un schiavo di