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atto quinto 93


Trinca. Sta con un piacer grandissimo, ch’essendo stata disturbatrice delle vostre gioie, or è stata aiutrice delle vostre consolazioni; e mi dá ordine, perché son aggionte nozze a nozze, che s’aggiungano feste a feste, conviti a conviti, e balli a balli.

Attilio. Or da un amor cosí strano, mostruoso e fuor del naturale, cosí malagevole da sperarsene bene, n’è riuscito cosí onorato matrimonio. E se ben Idio permette alcuna volta cose che dispiacciono, lo fa per trarne poi un grandissimo bene, come è accaduto a noi.

Erotico. Se vi partevate disperato, or non areste avuto questo contento.

Attilio. M’hai fatto bene, non volendo.

Trinca. Questa volta abbiamo avuto piú ventura che senno. Giá s’è inviato a chiamar Sulpizia per la porta del giardino, e vi stanno aspettando con gran disio di sposarse; e me hanno inviato fuori a chiamarvi col prete da vero, e non col falso parrocchiano.

Erotico. Entriamo, non facciamo aspettarci.

Attilio. Andiam, fratel mio.

Trinca. Spettatori, costoro non usciranno piú fuori; ché, come seranno appresso le loro spose, non li distaccarebbono dalle lor falde tutti gli argani del mondo, che tira piú un pelo del manto delle donne, che diece paia di buoi. Partetevi; e se non è stata di tanta aspettazione come desiavate, almeno favorite l’animo col solito applauso.