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LIBRO SECONDO 61

volgendo il passo ad un apparecchiato teatro si celebrano i giuochi ad Apollo e Diana. Il terzo dì nel tempio Palatino d’Apollo vensette illustri fanciulli con pari numero di pulzelle fiorenti gli uni e le altre, aventi, dir voglio, ambo i genitori in vita, cantano, usando Greca e Romana lingua, inni e Peani, mediante cui salve rendonsi le città ligie all’impero. Eranvi inoltre eseguite più cerimonie portate dal rito divinamente prescritto; le quali pratiche infinattantochè rimasero in vigore la Romana repubblica non soggiacque a detrimento veruno. A rendere poi il narrato meritevole di maggior fede riporterò lo stesso Oracolo della Sibilla, prima di noi riferito similmente da parecchi autori.


Ast ubi mortalis longissima venerit ætas
Vitæ centenis denis redeuntibus annis,
Sis, Romane, memor, nec te ulla oblivia fallant:
Sis memor ut facias Diis immortalibus illo
Rem sacram in campo quem Thybridis adluit unda,
Nox brevior tenebris terras ubi texerit atris,
Solque suum jubar abdiderit: tum victima Parcis
Agnorum atque ovium pariter cadat Oceaninis.
Postea cœruleæ placantor et Ilithyæ.
Lucinæ, quibus has sacris decet. Inde feraci
Telluri porcus mactetur, cum sue nigra.
Inde boves albi Jovis adducantor ad aram,
Idque die, haud noctu. Nam Diis cœlestibus una
Sacra diurna placent. Simili ratione juvenca
Junoni nitida et labis mactabitur expers.