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56 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

ranto i malati, ed ivi scaldata l’acqua del Tevere col fuoco del Padre Plutone e di Proserpina, lor dessela bere. All’udire tali parole tanto più disperavano la salute, non ignorando essere Taranto in remoto luogo dell’Italia, nè avervi colà acqua Tiberina; non davagli parimente buono augurio la prescrizione di scaldare l’acqua sopra l’ara degli Iddii infernali: scoratisi pertanto anche gli aruspici, egli tuttavia ad un secondo eguale avviso determinossi ad obbedire. Posti dunque sopra nave fluviale i figli, navigava a seconda della corrente portando seco il fuoco. Ma vedendo i suoi infermi semispenti dal caldo facea volgere la prora a quella parte del fiume ove l’acqua più mite scorrea. Avvenutosi quindi a una capanna da pastore ebbe a sapere che prenderebbe terra in Taranto, avendo il luogo nome comune col Taranto vicino al promontorio Iapigio. Laonde Valesio, adorato il Nume, ordina al piloto di venire a riva, e sceso dalla nave racconta ai pastori tutte le sue bisogne; scaldata quindi poc’acqna tratta dal Tevere ad un fuoco da lui acceso in quel luogo la porge ai figli. Questi non a pena bevutala, abbandonatisi al sonno, risanarono, e dormendo conobbero per una visione che nere vittime sacrificar doveano a Plutone ed a Proserpina, e passate tre di in canti e balli. Destatisi riferirono al padre esser loro apparso in sogno un gran personaggio simigliente a Nume, per ammonirli che immolassero nere ostie nel campo di Marte, là dove il vacuo terreno è destinato agli esercizi de’ cavalli. Valesio dunque propostosi di ergervi un’ara, gli operaj nell’ eseguire lo scavamento trovaronla bell’e fatta coll’iscrizione: - A