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36 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA.

gna, come era di ragione, movea ad incontrarla. Se non che osservando i cavalieri Palmireni coperti di greve armatura, quindi invulnerabili, ed anche assai più valenti de’ suoi nel cavalcare, locò in disparte la fanteria di là dal fiume Oronte, e commise ai militi in sella di non venire eglino stessi a battaglia con tutta la cavalleria nemica, bensì alla costei impetuosa affrontata fingerebbero mettersi in fuga, continuandola finattantochè la mirassero, fiaccata dal caldo e dal peso delle armi, cessare dal perseguitarli. I Romani cavalieri, obbedienti al comando, non a pena osservati gli avversarj stanchi e fermi sugli affaticati cavalli, volto il corso investironli, ed al cader giù d’arcione di lor posta ne fecero strage, gli uni avendo morte dal ferro, e gli altri tanto dai proprj destrieri, quanto da quelli Romani, ed i pochi sottrattisi dallo sterminio fuggendosi si ridussero in Antiochia.

Zabda, condottiero de’ militi di Zenobia, paventando non gli Antiocheni cittadini, al divulgarsi il tristo esito della battaglia, prendessero ad inveire contro de’ suoi, avvenutosi ad uom mezzo canuto, ed avente in certo qual modo l’imperial volto ed aspetto, vestito a simile come solea Aureliano battagliando. In conduce nel centro della città, quasi pigliato avesse vivo l’imperatore. Con quest’arte ingannati gli Antiocheni e di notte tempo col resto dell’esercito abbandonata la città, giunse, menando seco Zenobia ad Emisa. Aureliano propostosi di scacciare da tutti que’ prossimani luoghi, all’alba del seguente giorno, i vinti e fugati nemici, richiamava le pedestri coorti, ma informato della scom-