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m A miniano: idque ut ili ter puf aitai ordinasse ne relieta classis usui hostibus foret, aut certe, ut ab expeditionis primordio factum est, armatorum fere eiginti millia in trahendis occuparentur iisdem navibus, et regendis. Lib. 24, cap. n.

(102) Dein cum nietuens sibi t/uistfiie mussare t, rnomtraretque perspicua veritas quoti repulsus forsitan additate vel altitudine montiuni, ad aquas redire non poterit miles; tortique perfngve faterentur se fefellisse, concursu maximo extingui jusste sani flammee. A min., lib. 24, cap. 1 2. Le parole tortique, peifugte aperte etc. parvero una novella prova del racconto di S. Gregorio intorno agli artifizj del Persiano, e poichè in fatto esse non sono che una generica espressione, si stimò di veder in questo passo una lacuna. Noi non sappiamo ravvisarla, nè ci sembra ebe altro si possa da esso conchiodere, tranne che Giuliano fidasse con soverchia temerità sulla guida di alcuni disertori del campo nemico; il che ancora è ben diverso dalla goffa mellonaggine attribuitagli dal Nazianzeno.

(103) Amm., lib. 24, cap. 12. ’

(104) Amm., lib. 25, cap. 1.

(105) Libane, orat. io. Amm., lib. 25, cap. 2.

(106) Giuliano dopo il passaggio di questo Some volle render grazie a Marte con un sacrifizio di dieci tori, ma nove di questi, male immolati, spirarono prima di giungere all’ara, e le viscere del decimo offersero tristi augurj: quibus visis exclamavil indignalus acriter Julianus, lovemque testatus est, nulla Marti jam sacra faclurtun. Amm., lib. 24, cap. 1 1, e lib. 25, cap. 1. La superstizione tormentavaio ora colla ricordanza del sacrilego giuramento.

(107) Tarquitianos forse da Tarquilius savio etnisco, o scritti al tempo di Tarquinio, ma in tal caso Tarquinianos.

(108) Qua conci! us elude, oblitus lorica;, sculo inter tu -