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contribuire alle «pese pel rifacimento di un celebre tempio che egli stesso, prevalendo l’Ariancsimo, distrutto avea con lino zelo che meritò anche la censura de! Cristiani. La giustizia per altro ci obbliga ad osservare, che Giuliano ordinando il ristoramento del tempio, non ne segue che ordinata abbia la persecuzione di Marco, la quale eseguirasi lontana dalla sua presenza, dai Pagani di Siria con quell’indiscreto Terrore che suole essere proprio de’ clienti del principe e dei settarj religiosi; ma che poterà a lui dispiacere, o che piacendogli, avrebb’ei forse voluto non pertanto moderare. Non cercarasi da Marco che un obolo, un menomo che, un seguo infine di obbedienza; ma egli gioiva delle sue pene, e insultando i suoi persecutori gustava anticipatamente gli onori del martirio. Sia lode a lui come vescovo, ma se non può negarsi che Giuliano costringendo a rifare i tempii mal corrispondeva alle massime della tolleranza religiosa da lui vantata, se forzando la cristiana pietà del suo antico benefattore ad un atto a cui ripugnava la sua coscienza, male egli adempiva ai doveri della gratitudine, forza è convenire altresì che la condotta di Marco propria era a conciliar fede alle calunnie de’ nemici della Chiesa, che come desiderosa accusavanla del sangue de’ suoi martiri, e ch’egli mostrava d’ignorare non meno i dettami della prudenza, che i doveri d’uomo in politica società costituito; i quali esigono da lui una rispettosa osservanza pel cullo pubblico, in tulle quelle cose alle quali non ripagna, è vero, la coscienza, ma la coscienza assistita dalla ragione. Un obolo contribuito poteva fraudare il vescovo della celebrità della persecuzione, ma non punto mutare una forte, illuminata e bene sicura credenza.

(81) Gl’Iddìi di Libanio non erano diversi dai demonj del Tillemont. Era opinione della Chiesa che quegli Angeli quali come ribelli alla volontà del Signore erano stali pfe-