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al culto pubblico, avria questo potuto tollerare anche sotto pò principe più moderato di lui? chi non crede agli Iddìi, non ispieghi i libri che predicano la loro fede. E questo il solo divieto portato dalla legge. Ogni altra cosa non racchiusa tra i due termini di quella proposizione, è conceduta. Nè può negarsi che a non considerare l’insidioso scopo che ad essa viene attribuito, onesta e morale non sia la cagione che in apparenza almeno sembra determinarla. Perchè, in fatto, un uomo che pubblicamente professa di non credere una dottrina, la spiegherà ad altri pubblicamente? se fa questo onde renderla spregievole, egli è sleale verso il suo principe, egli è un perturbatore dello stato che quella dottrina riverisce. Che cosa direbbesi se in un paese del cristianesimo, un seguace dell’Alcorano predicar volesse pubblicamente la sua legge? se ei limitasi ad essere semplice espositore (e chi questo vorrà immaginare in un fervido credente?) egli è reo verso sè stesso, egli patteggia con la sua coscienza che riprova i detti del suo labro.
L’editto si rivolge ai soli retori e grammatici, e dove ciò non fosse, come è dall’editto stesso manifesto, verrebbe ad esserlo eziandio per l’autorità di Ammiano (n), il quale poichè biasimandolo lo ricorda, non avrebbe nè omesso di notare qoella maggiore estensione che si pretende ora ad esso conferire, nè taciute altre ordinanze proibitive, se vi fossero state, per l’insegnamento di altre facoltà. Con l’autorità del Crisostomo (b) si pretese negato anche a’ medici l’esercizio della loro arte. Tuttavia esiste un editto dell’autore (c), già altrove da noi ricordato, col quale gli archiatri dell’impero, siausi essi pagani o cristiani, ricevono in grazia della divina
(a) Lib. 11, cap. io, e lib. a5, eap. 4 (б) Hom. 4o.
(c) Epist. n. 18.