Non vi mancano tra’ primi con Saturno e con Giove,
nè il salso Sileno, nè il giovinetto Dionisio delle grazie padre, e del riso e degli scherzi amatore, e con
Cesare, e Augusto, e Marco, e Trajano v’accorrono tra
i secondi i Tiberj, i Neroni, i Claudj, i Vitellj e l’altra
imperiai moltitudine. Le strane forme in che questa
appare, ed i diversi costumi di cui è composta, destano l’umore allegro di Bacco, e quello satirico del
capripede vecchio, mordacissimo Iddio che addenta e
rode i convitati, e rivelando le interne lor colpe, secondo il proprio istituto scherzando ammaestra, sino a
che per comando di Giove, e di lui degno, ordinalo
viene che colle norme degli olimpici agoni, un certame
d’onore istituir debbasi tra i reali convitati, onde a conoscer s’abbia, ed a premiar degnamente chi fosse per
essere giudicato per virtù sopra gli altri commendevole.
Udita la voce del celeste araldo Mercurio, che dichiara
aperto l’arringo, vi giungono essi l’un dopo l’altro
da Cesare sino a Costantino, perorano la loro causa, e
la divina Nemesi assegna ad essi le ricompense o i castighi che meritaronsi in vita; ma come a celesti giudicanti convenivasi, più solleciti dell’interno e morale
valore, che dell’ambizioso e guerriero, il bellissimo dei
premj, la suprema corona della virtù, sembra essere riserbata alla benefica ed operosa sapienza di Marco. È
difficile cosa affermare se più in questo componimento
abbia parte una gentile fantasia, ed un sano gusto nell’immaginare il quadro, variarlo, scolpire con rapidi
colpi tanti diversi caratteri, e disporne in guisa l’ordinanza che vi dominino i più cospicui, c non usurpino