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svenato. Tratto nella sua tenda, riceve ivi le cure del suo medico ed amico Oribasio, e non appena ne ha per esse un qualche conforto, che come il vincitore di Lenirà e di Manlinea gridato avca moricnle: dw’è il mio scudo? dove sono Tarmi e il cavallo, ricerca pure Giuliano, e corre all’inimico. Senonchè un tratto dopo le forre già l’abbandonano, e, pel sangue che dalla piaga versa in gran copia, costretto è a ritirarsi.

Compiuto era ornai il corso di si splendida vita. Steso cu d’una pelle di lione, ordinario e solo suo letto, l’imperatore stette aspettando la morte con la calma ch’è propria di una vita virtuosa, di una ferma credenza di ricongiungersi all’eteree sostanze, e di una giusta fiducia di lasciare dopo sè una larga eredità di gloria immortale. I sapienti che accompagnato aveanlo, gli amici, i generali, i semplici soldati circondavano la sua tenda, con dimessi sguardi e doloroso silenzio l’acerbo fato accusando che nel fiore degli anni, nel bel mezzo della sua gloria rapiva in questo maggiore uopo alla patria un cotanto sostegno, un imperatore soldato, un soldato filosofo, un filosofo magistrato, e ad essi il collega de’ privati loro studj, l’amico pronto e caldissimo, l’autore della lor gloria, il sostegno della loro religione. Giuliano solo mantener sembra un imperturbabilecalma. Ei parla della morte (HO) come di un premio che gli Iddìi tal fiata accordano a’ giusti, comedi una desiderabile separazione della miglior parte di noi dalla corporea prigione che la racchiude, come di un debito infine che un leal debitore pagar deve esultando quando a pagarlo la natura l’invita) ma comechè per sè stesso