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guarnigioni stavano alla difesa del Danubio, Costanzo, siccome testè accennammo, stimando imprudentemente che il suo rivale confinato sarebbesi a difendere la Galli,^ a quell’uopo solo formato avea i suoi magazzini militari lungo il Reno, e sulle alpi Cozzie o il Cenisio, e rivolto ogni altro ostile apparecchiamento, dalla diligenza del suo nemico ormai mutato in mezzo d’offesa (59). Giunto egli a Jerapoli, conobbe l’importanza del passo di Succi e mandò ad occuparlo: indarno, esso già tenevasi dal suo attivo e vegliante nemico. Dopo la perdita delPlllirio, le molli comechè numerose legioni dell’Asia, non più aveano a far fronte alle sole e poche forze della Gallia, ma a sostenere l’impeto di nuovi ausiliari, e di un esercito illirico e gallico. Una lunga tuttavia ed aspra tenzone sarebbesi dall’una e dall’altra parte apparecchiata, se l’opportuna morte di Costanzo venuta non fosse a liberar lui, come tutto a credere ci persuade, dalla vergogna di una sconfitta (60), e il mondo dalle calamità della guerra civile. Infermò egli c morì in Mopsucrenc, picciola città della Cilicia appiedi del monte Tauro, dopo quarantacinque anni di vita c ventiquattro di regno. Principe debole e crudele, si potè far mutare d’oggetto la sua ferocia, ma non mai volgere a virtù la sua debolezza: vano e ambizioso senza merito personale, nè la vanita, nè l’ambizione potè mai trarlo a magnanimità, per coscienza di colpe ed imbecille ingegno, superstizioso, perseguitò il paganesimo e fu ad un tempo fatale difensore della Chiesa.

La sua morte lasciò Giuliano solo e tranquillo posseditore dell’impero. Poterono allora i sudditi romani