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riori. Ritornarono ivi i consueti ragionamenti, riaudaronsi le illustri imprese e gli onorali travagli, ed il principe con vero o finto dolore ristar non sapeva dal deplorare la trista situazione in cui altri ponevalo, di non aver come degnamente ricompensare tanti insigni difensori della patria, e valorosi suoi commilitoni. Di leggieri la gratitudine espressa da un principe pei servigi che rendemmo allo sialo, induce in noi il desiderio di affrettare l’istante delle ricompense. Congedaronsi essi con ogni segno d’obbedienza ed affetto, ma con interno rammarico, e la sedizione divampò un tratto appresso.

Nulla ominise di fare Giuliano dopo la sua elezione che atto fosse a conservare la pace. L’onore della sua fama, le poche sue forze, e quella specie di propizio destino che nelle guerre civili parea non sapersi scompagnar da Costanzo, persuadere il doveano a ragione ad anteporre la via degli accordi a quella delle armi, e cercar d’ottenere a mezzo del consentimento di lui una guisa di legittimità al suo nuovo titolo. Ma nè le frequenti ambascerie a suo cugino, nè i larghissimi patti a lui offerti, espressi nel suo manifesto, e che confermati veggonsi nella lettera conservataci da Ammiano (54), di sottomettersi cioè in ogni cosa a’ suoi ordini, di somministrare «agli eserciti imperiali de’ giovani barbari, d’accettare un prefetto del pretorio di sua elezione, ed altri somiglianti, valsero sì ch’ei sempre non ponesse come ultimo termine della pace la ricognizione del titolo d’Augusto, e l’indipendente sovranità delle proviucie oltre l’Alpi. L’eloquenza de’ fatti vince quella