praintendente generale dell’entrata e della gabella pubblica. Oppressa veniva per costui opera da straordinarie tasse una provincia a cui le scorrerie de’ Barbari,
il distrutto commercio, e l’abbandonata agricoltura, rendevano impossibil cosa il pagamento anche delle consuete. La ferma sua opposizione a tali ladronecci esponevalo all’odio de’ ministri, ed accrescea presso a’ popoli la fama delle sue virtù; senonchè questa già sì
grande ovunque spandevasi che più essere ella non poteva, nè per lui senza pericolo, nè per Costanzo senza
trepidazione (-42). La malevolenza intenta a spegnere
una gloria nascente, adulta, per procacciarle invidia, la
esagera. Non più la viltà de’ cortigiani rappresentare
poteva Giuliano come il frivolo ed ozioso sofista d’Atene, o il ridicolo soldato che apparve allorchè per la
prima volta indossò la militare veste in Milano. Con
maggior apparenza di verità raffiguraronsi nel vincitore
de’ Franchi e de’ Germani i pericoli d’un ambizioso ridale, e nell’umano principe che alle rapine opponevasi
de’ ministri, le arti d’un astuto demagogo intento a
guadagnarsi una faziosa moltitudine. Caro a’ sudditi,
teneramente amato da’ soldati, cinto già d’una gloria
immortale, esso non potevasi, nel loro linguaggio, lasciare al comando d’un esercito vittorioso senza violare
i dettami della più comune prudenza. Costanzo naturalmente disposto ad odiare e paventare chi egli aveva
offeso, nè mai esitante nella scelta de’ mezzi onde liberarsi de’ suoi timori, di leggieri prestò orecchio a’ loro
consigli, e poichè un pretesto ofTerivagli la guerra di
Persia, ordinò che quattro intere legioni le più belli-