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non escludesse l’esercizio di un culto che internamente non approvavasi. Se una falsa religione tollerare sapeva l’ipocrisia, proibivala però, noi crediamo, ben la morale. D’altra parte, la mite natura del politeismo sopportava, a noi sembra, la divozione verso nuove o straniere Divinità, ma allora solo per altro che di natura fossero a quella de’ proprj suoi Iddj somiglianti, e tali che ricevere potessero la cittadinanza del suo Olimpio, della quale quel culto fu sempre liberal dispensatore e presso i Greci e presso i Romani: ma la religione non meno che la politica vietare doveano l’esterne pratiche d’una fede quale era la Cristiana totalmente all’esistente contraria, e di cui appunto la dottrina severa e con altre ad innestarsi ritrosa, era stata principalissima causa a ritardarne il progresso. Giuliano medesimo, pontefice e sapientissimo maestro della pagana teologia, non proibi ai Cristiani d’interpretare nelle loro scuole i libri de’ genti I i (20), fuorchè allegando essere cosa indegna e sacrilega spiegare ad altri degli scrittori che una fede insegnavano che il proprio animo riprovava.

Una si costante simulazione somministrò in ogni tempo materia alle pie invettive de’ Cristiani, e certamente ognuno vorrà riputarla come indegna macchia d’un animo generoso. Senonchè i malvagi principi costringono i sudditi a iniquissimi vizj. Mutansi sotto il loro reggimento le colpe in virtù, e l’ipocrisia si trasforma in prudenza. Pochi uomini vi hanno in ogni tempo che sappiano esitar nella scelta ^ tra il nascondere i proprj sentimenti, e l’annunziare una sterile ed infeconda verità sul patibolo. Non polevasi da Giuliano assumere la