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verità. Considerazioni di tal fatta, avrebbono, potuto è vero, nel pieno trionfo della Chiesa disporre degli animi moderati e tranquilli ad una reciproca ed egual tolleranza, ma il tempestoso periodo che scorre tra il confine d’una nascente e di una cadente religione, dovea essere di sua natura fecondo non meno di falsi ed incerti credenti (e parrà questa cosa seco stessa ripugnante), che di persecutori e di martiri (15). Or dunque, s’egli è vero, siccome è certamente, che i nostri errori acquistano qualità e ragione dalle opinioni e dalle dottrine che nella età regnano in cui vennero commessi, se le stesse idee del giusto e dell’ingiusto, dell’onesto e del suo contrario, comechè per sè stesse immutabili, ricevono da queste opinioni e da queste dottrine turbazione e cangiamento gravissimo, giudicare con le norme presenti dell’apostasia di Giuliano, sarebbe estrema ingiustizia. Non già colle attuali sue sembianze presentavasi il cristianesimo al mondo pagano. La sua dottrina era ancora materia di controversia, e la sua novità un sacrilego attentato contro l’antica religione dell’impero. Se l’anzianità della fede era la misura dell’apostasia, poteva un pagano rinfacciare a miglior diritto cotale macchia a’ Cristiani, e pio e meritorio riputar poteva Giuliano il ritorno all’antico culto della sua patria, che quello dire poteva de’ suoi maggiori, dal solo suo padre e dal fratello di lui interrotto (16).

Nè i domestici esempli che nell’età prima le nostre affezioni determinano, alti erano per avventura a confermare Giuliano nella sua fede. Un avo che senza impietosire a’ nomi di congiunto, di marito e di padre,