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roso disprezzo de’ piaceri, quell’avidità d’apprendere, quel nobile amore della fatica, quella rapidità nel concepire, nel deliberare, nell’operarc, e quella varia e pieghevole tempra di spirito, per cui nell’età nella quale il più degli uomini fanno le prime lor prove di vita pubblica, potè egli apparire gran principe, illustre guerriero, magistrato, oratore e filosofo.

Un tenero amico però del pari che saggio maestro, consortava la sua solitudine di Macella. Di tutta la paterna eredità, Costanzo non eragli stato largo che del solo eunuco Mardonio (10), antico famigliare della madre sua. Incauto! ch’ei non previde ch’ella ne sarebbe stata la più pregevole parte, e quella a’ suoi consigli fatale, se de’ precetti di lui dovea fortificarsi l’animo di Giuliano. Con raro esempio fra quella asiatica genia, celebre, anche allora che l’animo governando de’ principi romani contribuito avea alla decadenza dell’impero, solo per inique frodi, o per femminili arti e costumi, sembra che l’eunuco Mardonio accoppiasse alle doti di un collo ingegno ed elegante, ogni più bel fiore di morale virtù. Con attenta e paterna cura adoperavasi egli a formare i costumi del reale suo allievo, ad inspirargli l’abborrimento del vizio, l’amore della virtù, l’osservanza del decoro e della modestia, intanto che con lo studio della greca lingua, c de’ Greci scrittori iva inslruendo la sua ragione e rischiarando il suo spirito. Ma il discepolo preveniva di già la sollecitudine del precettore. Quell’insaziabile curiosità che palesato aveva sino dall’infanzia, naturalmente ora conducevalo ad abbandonarsi allo studio della filosofia, che quasi