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d’indebolire ogni intermedia potestà nella gradazione sociale, e di ogni cosa dividere onde ogni cosa tirannescamente signoreggiare, potè altresì determinarlo a creare, vivente ancora, ne’ tre suoi figli e due suoi nepoti, la rappresentanza di cinque Cesari (5), che con dipendente, ma fermo potere, un’immagine recassero del principe a contenere le estreme provincie dell’impero, ed a deludere o blandire col fasto, o coi favori d’una corte, l’ambizione de’ sudditi.

Avvegnachè i principi romani non avessero una legge di successione, nè si fosse per anco disposto dello stato come di privato patrimonio, tuttavia non avrebbono mancato esempi a Costantino ne’ suoi antecessori, se uopo aver poteva egli d’esempli, che gli dessero autorità a disporre dell’impero per testamento, onde in tal guisa premunire gli eredi da domestici tradimenti, assai consueti in quella stagione, e risparmiare allo stato le calamità della guerra civile, che l’eguale titolo de’ figli e l’eguale de’ nepoti, da ambe parli pressochè da pari forze sostenuto, rendere dovrà inevitabile. Ben presto in fatto dopo la sua morte manifestaronsi i primi, pè andò guari che divampò la seconda. Niuno erede lasciava egli dell’inquieta ambizione e de’ politici e guerrieri talenti dell’autore della loro fortuna, ma ben potè il mondo ravvisare in Costanzo, principe dell’Oriente un imitatore delle sue colpe, ed un emulo della fredda e tranquilla ferocia, che distinsero gli ultimi anni del regno suo. Ornato di qualche qualità di privato cavaliere ma non di veruna che degno il rendesse della porpora, schiavo degli eunuchi, e tiranno orgoglioso dei