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peratore quindi surrogò in luogo di Terenzio alla prefettura del cubicolo, Eusebio, mise al posto di Turpillione Valente, ed alla prefettura di Vigilanzio Ellebico, pervenuto così in qualche modo a sedare quel commovimento.

Giovio prefetto del pretorio, fattosi il solo autorevolissimo presso del sovrano, mandò lettere ad Alarico esortandolo ad avvicinare Ravenna, ove conchiuderebbesi la pace. Il barbaro assentendo alla proposta contenuta nelle scrittegli dal principe e da Giovio, partì alla volta di Rimini, lontana trenta miglia da Ravenna, e presto accorsovi anche Giovio, addivenuto negli Epiri ospite ed amico di lui, si dà principio alla collazione degli accordi. Alarico addimandava annualmente una determinata somma d’oro, ed alcune misure d’annona; di più il dimorare con tutti i suoi nell’una e nell’altra Venezia, infra’ Norici, e nella Dalmazia. Giovio scritte, lui presente, queste condizioni all’imperatore inviagli dispersè altra lettera in cui animavalo a dichiarare l’avversario maestro d’ambe le milizie, acciocchè da tale onoranza aescato, raddolcendo alcun poco l’avversa delle sue pretensioni, venisse con più moderati e tollerabili patti ad una pace. Onorio ricevuti i due fogli condanna la temerità di Giovio, e riscrivegli trovar giusto ch’egli, prefetto del pretorio e conoscitore della copia e della possibilità de’ pubblici tributi, determini il quantitativo dell’oro e della vittuaglia; quanto al resto non accorderà giammai ad Alarico ed alle genti seco l’ufficio di comandante delle truppe. Giovio avuta la risposta lessela non da solo, ma