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LIBRO QUINTO 293

quinci innanzi pronosticaronlo uomini esperii nelle materie divine e ne’ paterni riti.

Raggruzzolato adunque nella prefata guisa il danaro, si convenne mandare un’ambasceria al principe, la quale seco lui conferisse della futura pace, manifestandogli ad un tempo volersi da Alarico non solo pecunia, ma di più per istatichi i figli de’ nobili, promettendo, fermi questi patti, dargli pace, essergli confederato in guerra, e presentarsi in campo unitamente ai Romani contro chiunque avesse animo di guerreggiarli. Il monarca venuto di parere che si conchiudessero gli accordi alle proposte condizioni, fu contato il danaro ai barbari. Alarico quindi per tre giorni concesse ai cittadini il mercato, loro permettendo l’uscita da varie porte, ed ancora la introduzione della vittuaglia dal porto. Mercè di che respirò la cittadinanza, e col vendere il sopravanzatole o cambiandolo con altri generi provvide ai bisogni della vita. Il nemico poscia ritiratosi dalla città andò a oste in luoghi di qua dalla Toscana. Allora quasi tutti gli schiavi entro Roma cotidianamente, o poco meno, fuggendone, passavano ai barbari, giuntane la moltitudine campata di questa guisa al numero di quarantamila. I barbari di poi mentre ivano all’intorno vagando assalirono i Romani condottisi al porto e retrocedenti con l’acquisto di qualche vittuaglia; ma Alarico, fattone sapevole, per mostrare non concorsavi la sua volontà, gastigati li colpevoli, ne vietò per l’avvenire con singolare accuratezza il rinnovamento. Si parvero alla per fine arrivati a godere d’un mediocre sollievo dalle molestie; a que’ dì