Pagina:Della Nuova Istoria.djvu/313


LIBRO QUINTO 287

tratto avesse colà il nemico. Laonde si propose, unitamente a Placidia, sorella uterina del principe, la morte di lei come autrice de’ presenti mali, opinando che toltala di mezzo Alarico ritirerebbesi dalla città, non avendovi più nessuno dal cui tradimento egli sperar potesse l’entrata in Roma. Il sospetto era tuttavia falso, ella giammai rivolto avendo la mente a tali ribalderie. Pagava non di meno il giusto fio delle commesse violazioni divine che prendiamo qui a narrare. Quando il maggior Teodosio, invanita la Eugeniana tirannide e messo piede in Roma, destò generalmente negli animi il dispregio del sacro culto, negando somministrare le spese occorrenti pe’ sagrifizj, discacciati eranne i sacerdoti d’ambo i sessi, nè più immolavansi vittime ne’ templi. Serena dunque facendone beffe si portò a visitare quello intitolato alla Madre degli Iddìi, ed osservata la collana pendente intorno al collo del simulacro di Rea non immeritevole di quella divinità, spiccola per ornarne sè stessa. A tale nequizia una vecchierella, unica vestale rimasavi, riprendendola di presenza dell’operato, venne da lei con sì gravi oltraggi schernita al punto di comandare al suo codazzo che fosse di là cacciata, e la vestale partendo fa contro ad essa, al consorte ed alla prole imprecazioni dicevoli a tanta enormezza. Ma Serena estimandone le parole un vero nulla e compiacendosi del suo misfatto usciva del tempio; spesso tuttavia, così dormendo come vegliando, apparivate qualche visione, anche da altri veduta, coll’annunzio d’una imminente morte. La Vendetta impertanto persecutrice de’ malvagi sì rettamante compiè il