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LIBRO PRIMO. | 19 |
di pecunia1 ed il retrocedere nelle proprie frontiere colla preda, tollerò che seco trasportassero i più illustri personaggi rinvenuti in molto numero, conquistata Filippopoli della Tracia, nella caterva de’ prigionieri.
Terminate nell’antedetto modo queste faccende, Gallo, a grandi speranze elevatosi per gli accordi stipulati co’ barbari, entrò in Roma, e nel principio del suo governo con onore e benevolenza rammentava Decio, adottandone eziandio l’unico sopravvivente figlio; ma quindi pigliato da timore non gli avvezzi a macchinare tumulti, dirizzando qualche volta lor menti alle regali paterne virtù, mettessene la prole in trono, apprestale, smenticando la fattane adozione e l’onesto, insidiosa morte.
A cagione poi del suo trascurato reggimento gli Sciti, da prima ricolme di terrore le prossimane genti, e poscia inoltratisi pian piano, guastavano le regioni poste vicino allo stesso mare; cosicché nessun popolo della Romana signoria andava esente dai costoro ladroneggi, anzi tutte, sarei per dire, le città non murate ed anche la maggior parte di quelle aventi mura, venivano da loro assalite. Nè meno della generale guerra un contagioso morbo2 quindi sopraggiunto consumò il resto della umana stirpe, recando strage mai più udita ne’ secoli trascorsi.
In tale condizione di cose i monarchi, impossibile