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LIBRO QUINTO 283

calende di settembre sotto i consolati di Basso e Filippo, epoca similmente in cui l’imperatore Arcadio soggiacque all’estremo fato.

Spento Stilicone tutte le palatine faccende subordinate erano all’arbitrio d’Olimpio, fregiato ad una dell’autorità di maestro; oltredichè il principe distribuiva le altre magistrature ai dichiarati dal suo favorito meritevoli di ottenerle. Rintracciati di più ovunque i famigliari dello spento, e quelli che si pareano seguito averne le parti, assoggettati erano ad un giudizio, infra’ quali ebbonvi Deuterio prefetto dell’augustale cubiculo e Pietro tribuno della scuola de’ notai; ambo sottoposti ad un pubblico esame costretti furono a manifestare le proprie notizie riguardanti Stilicone, ma nulla potendosene ritrarre a danno così di lui come di loro stessi, Olimpio, delusi mirando i suoi avvisi, comanda vergheggiati sieno a morte. Più altri di parità inquisiti, quasi consapevoli di simiglianti fatti, e forzati a palesare se accorti tessersi che il morto aspirasse all’impero, tutti protestandosene ignari, desistettero i solleciti di queste ricerche da ogni ulteriore investigazione.

L’imperatore Onorio, scacciata dal trono la consorte Termanzia, sebbene libera d’ogni sospetto, comandò venisse consegnata alla genitrice; volle ad un tempo si cercasse ovunque Eucherio, prole di Stilicone, per metterlo a morte; rinvenuto, sottrattosi colla fuga entro una chiesa di Roma, per rispetto di quell’asilo ebbe allora salva la vita. Nella stessa città di Roma Eliocrate prefetto del fisco ricevuta lettera dal principe di ven-