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280 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

giunse con grandissima fatica a comprimere l’impeto militare. Furono poscia eziandio spenti que’ magistrati presi dopo la fuga, vo’ dire Nemorio, maestro delle palatine coorti, e Patronio, prefetto del fisco e conte del privato patrimonio del monarca. In seguito ebbe morte Salvio, dettatore degli imperiali ordinamenti, ed ai tempi di Costantino elevato alla questura, indarno egli sperando, coll’abbracciare le imperiali gambe, d’impetrare la vita. Protrattasi la commozione fino a notte, Onorio forte paventando qualche oltraggio alla sua persona, ritirossi. Longiniano intanto, prefetto del pretorio d’Italia, caduto in potere de’ sediziosi, vien fatto anch’esso cadavere. Questi, senza replica, furono i personaggi colpiti dal ferro della militare demenza. Perirono di più tutti coloro che per mala sorte abbatteronsi in lei, e tanta ne fu la moltitudine che malagevole sarebbe il numerarla.

All’annunzio di così triste nuove, Stilicone, dimorante allora in Bologna (città, come detto abbiamo, dell’Emilia) non poco turbossi, e ragunati li comandanti de’ barbari seco in lega, invitali a decidere che sia da fare. Tutti di concordia statuirono, che ove nella strage compreso trovisi il principe (mancandone sin qui certezza) agirebbero con rettitudine se anche i barbari alleati dell’impero si avventassero colle unite lor forze contro de’ Romani militi per ridurre in tal modo all’ordine i sopravviventi. Se poi chiaro apparisse non offeso il principe, limitatosi l’eccidio ai magistrati, gastigherebbero i soli autori del commovimento; così vien risoluto da Stilicone e dai barbari duci nell’intrapresa