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LIBRO QUINTO 269

alle adunanze de’ senatori. Questa fabbrica sorgente rimpetto alla reggia era magnifica e vistosa al sommo, ricca altresì di statue, la cui maestà colpiva lo sguardo, ed il colorito de’ suoi marmi non soggiacque sin qui ad alterazione veruna. Corre di più la voce che eziandio le imagini delle Muse collocate un tempo sull’Elicone, e poscia, regnando Costantino, tolte violentemente di là con tutto il resto e quivi locate, distrutte fossero dal fuoco. Avventura, per verità, donde pronosticavansi contrarie le Muse, destando il predicamento serii pensieri nell’universale.

Egli è pure spediente di non passar con silenzio un miracolo osservato in allora. Abbellivan le porte di questo senatorio edifizio i simulacri di Giove e di Minerva eretti sopra basi di pietra, e quale avessero figura si può anche oggidì vedere. Corre voce a simile che fossevi altra statua di Giove Dodoneo da prima consacrata in Lindo. Dalle fiamme dunque per intiero cinto, il piombo a coprimento del tetto, liquefattosi, gocciolava sopra de’ mentovati simulacri, e venivano eziandio a cadere in su di essi le pietre, se aveanvene di quelle non resistenti alla violenza del fuoco. Ridotto ad una mora sì nobile abituro, il volgo opinava fatte similmente in polvere le statue. Ma purgato e disposto alla ristaurazione il luogo, soltanto i simulacri de’ prefati Numi apparvero salvi dalla generale rovina. Il perchè la più istrutta popolazione concepì migliori speranze intorno alla città, quasi, vogliam dire, i mentovati Iddii risoluto avessero di non privarla giammai del patrocinio loro: ma compiasi in tutto il voler del Nume.