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LIBRO QUINTO 255

Campato di là non diedesi pensiero alcuno della totale rovina de’ suoi, e ritenendo cessati i pericoli, andò a precipitare in altri non minori de’ primi. Conciossiachè quasi tutti gli abitatori delle città, impugnate le armi venute loro alla mano, rinserraronlo co’ trecento seguaci intra’ fiumi Melane ed Eurimedonte, l’uno scorrendo oltre Sida, e l’altro per mezzo ad Aspendo. Ridotto pertanto alle strette, nè sapendo come torsi da quell’intrigo, mandane avviso a Gaine. Costui, dolentissimo dell’avvenuto ed occultando sempre l’animo suo intorno alla ribellione, spedisce Leone, duce aggiuntogli, a soccorrere i Pamfilii, ed assalire con Valentino le milizie di Tribigildo, non permettendo loro il transito de’ fiumi. Leone, quantunque stolido per natura ed inclinato ad ogni riprovevole passione, obbedisce agli ordini ricevuti. Ma Gaine, d’altronde, paventando non Tribigildo, all’essere da tutte le parti combattuto nè avendo milizie da pareggiare il nemico, venisse interamente distrutto, invia contro al campo Romano più e più coorti dei barbari da lui capitanati per consumarlo a poco a poco, e così procurare al suo fido l’opportunità alla fuga. Costoro dunque spediti da Gaine ad aiutare Leone, affrontati parecchi Romani e fattane strage guastano la regione perseverando nel dare un generale saccheggio, finattantochè non ebbero quasi tutto il paese rovinato e diserto, avvenendo così quanto Gaine ardentemente bramava. Tribigildo, egli stesso, nell’abbandonare la Pamfilia, diedesi a malmenare vie più di prima i popoli della Frigia. Gaine poi estollendo immensamente al monarca le imprese del ribello,