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244 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

si fosse ai piaceri, alle buffonerie de’ mimi ed alle invereconde zambracche; nè conceduto avesse ai militi il predare quel poco lasciato dai barbari, ed al nemico l’agio di uscire del Peloponneso col fatto bottino, tragittare nell’Epiro e porvi a sacco quelle genti. Al porgere quindi orecchio alle notizie delle costoro vessazioni, perduta l’acconciatura, volge le prore agli Italiani lidi, recato avendo maggiori e più gravi sinistri ai Greci colla sfrenatezza de’ militi condotti seco.

Presa terra in Italia macchinò di subito la morte di Rufino, ed eccone il modo. Riferisce al principe Onorio il bisogno di spedire al fratello Arcadio alcune coorti di militi a difesa delle nazioni per mala ventura in quella parte dell’impero travagliate. Riportato l’ordine di eseguire i menzionati divisamenti, appresta le truppe da mandare colà, e conferitane a Gaine la capitananza lo fa consapevole de’ suoi progetti verso Rufino. Pervenuti i soccorsi in vicinanza di Costantinopoli, Gaine, precedutili, ne partecipa l’arrivo ad Arcadio, annunziandogli essersi mossi col desiderio di aiutarlo in que’ trambusti. L’imperatore, all’udirne, allegratosi, è da Gaine esortato ad incontrarli nell’entrare in città, onore di consueto alle truppe concesso. Il principe, non rifiutandovisi, cammina ad incontrarli, ed avutene manifestazioni di rispetto pur egli cortesemente li accoglie; ma tosto, ad un segno di Gaine, tutti ad un tratto circondando Rufino di spada ferisconlo, e chi gli tronca la man destra, chi la manca, e chi spiccagli il capo dal collo, profferendo le ovazioni solite cantarsi nelle vittorie. Oltre di che, a maggior vitupero dell’uc-