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LIBRO PRIMO. 17

mettesse a capitanare le coorti site nella Misia e nella Pannonia; questi vi si rifiutò, estimando l’offerta nè a lui nè a se stesso conveniente. Filippo allora ricorso ad una Tessala persuasione, come suol dirsi, non iscompagnata da costringimento, lo manda nella Pannonia a gastigarvi i fautori di Marino nella congiura. Se non che le truppe al mirar Decio coll’ordine di punire i colpevoli risolverono, estimandolo miglior consiglio, rimovere il pericolo innanzi ai loro piedi, scegliendosi un imperatore più adatto al reggimento della repubblica, e molto esperto nelle militari e civili faccende, onde con minor disagio vincere il regnante.

Vestito adunque di porpora lo stesso Decio, obbligandolo, suo malgrado e molto di sè stesso paventando, a trattare le redini del governo. Filippo uditone e messi in punto gli eserciti, muove a dargli la stretta. I Deciani, quantunque conoscessero di aver che fare con avversarj molto superiori di numero, fidavano tuttavia nella perizia e generale prudenza del comandante loro. Venuti alle armi gli eserciti l’uno più forte di gente e l’altro per la militare bravura del condottiero, molti del primo caddero, infra cui Filippo stesso ed il figlio1, dal genitore inalzato all’onoranza di Cesare. Non altramente Decio pervenne all’impero.

Surtì del resto, colpa la codardia di Filippo, da per tutto scompigli, que’ della Scizia, valicato il Tanai, ivano tempestando con iscorrerìe i luoghi prossimani

  1. D’animo, giusta varj scrittori, così perverso, da meritare il titolo di brutalissimo.

Zosimo. Della nuova Istoria. 2