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LIBRO QUARTO | 227 |
sia trasportato il prigioniero in Sica, nome di un borgo, ed ivi morto. Il principe, informatone, spedisce a salvargli la vita, se non che il messo, obbedendo al comandamento di Rufino, indugiata la partenza, giunsevi quando il capo era già dall’imbusto spiccato.
Infra tali vicende perviene l’annunzio della morte di Valentiniano ucciso a un dipresso come prendo a narrare. Arbogaste, nativo della regione de’Franchi ed aggiunto alla capitananza conferita al duce Baudone dall’imperatore Graziano, venuto questo a morte, confidando ne’ suoi artifizj e senza riportarne l’imperiale assentimento, occupò il magistero delle truppe, e da quelle sotto di lui ritenuto idoneo a tanto carico, esperimentato avendolo coraggioso, perito nell’arte bellica e dispregiatore del danaro, videsi in possesso d’un poter sommo; il perché usando col principe di molta libertà impedivane gli ordinamenti contro a giustizia, o meno all’uopo dicevoli. Valentiniano dunque comportando a malincorpo siffatto procedimento più e più volte lo contradiava, ma sempre indarno, rendendosi il duce forte colla benevolenza di tutta la soldatesca. Intollerante alla per fine di essere a lui soggetto, all’avvicinarglisi mentre sedeva in trono, lo guarda con minaccioso volto e porgegli lo scritto in cui dimettevalo dalla magistratura. Quegli attentamente lettolo indirizzagli queste parole: Tu non mi hai conferito il magistero, non riuscirai a tormelo; dopo di che straccia il foglio, gettalo in terra e parte. D’ora in poi non più di ascoso fomentavansi sospetti, addivenute essendo le nimicizie loro ad ognuno palesi. Valentiniano trattante