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LIBRO QUARTO | 199 |
alla volta dell’Egitto, capitanati da Ormisda, originario della Persia e figlio dell’omonimo, il quale intervenne a quella guerra coll’imperatore Giuliano. Arrivati in vicinanza della Macedonia uniti furono alle prefate legioni, formando un campo ove non aveavi ordine al mondo, non distinzione tra Romani e Sciti, tutti promiscuamente vivendo, non differenza tampoco infra veterani ed i nuovi militi aggiunti ai ruoli. Concedevasi infine a costoro, la facoltà di ripatriare, mandando altri a supplirli, per rivenire quando che si fosse ai Romani vessilli.
Ora gli Sciti fatti sapevoli del gravissimo disordine tra quelle schiere, avendone dai fuggitivi esatte notizie per la molta libertà d’una scambievole comunicazione, estimarono propizio il tempo di cader sopra a popoli con tanta negligenza difesi. Valicato dunque liberamente il fiume e giunti infino ai Macedoni (franchi da ogni ostacolo, ed aiutati in ispecie dai militanti co’ Romani, solleciti ad agevolar loro il passo ovunque diretti) ebbero sentore che il principe con tutto l’esercito camminasse ad incontrarli. Poichè veduti a notte buia grandi fuochi, congetturaronli ardenti a servigio dell’imperatore e delle sue truppe. Avuta poscia conferma dei fatti pensamenti da militi disertori colà riparati, e’ di carriera insiem con essi avviaronsi al padiglione del monarca scorgendoli nella via il chiaror delle fiamme. I soli Romani uniti ai rimasi barbari nelle imperiali file studiaronsi respignerli, ma contro ad un numero assai maggiore non bastando il coraggio loro, poterono tuttavia fornire all’augusto sufficiente agio per