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194 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

piccoli barbari pervenuti alla gioventù, udendo assai a malincorpo entro le città il racconto delle vicende sofferte nella Tracia dalla propria stirpe, infra loro abboccansi, quanti erano a dimora nello stesso luogo, e di celato annunziano ai soggiornanti altrove ch’e’ divisavano assalendo le romane città vendicare le offese tollerate dal proprio sangue e dalla nazione. Giulio conosciutene le mene e privo di consiglio per guastarle, temendone altresi i pronti conati ovunque diretti, risolvè tuttavia di non farne verbo all’imperatore sì per essere questi a dimora nel paese de’ Macedoni, e sì ancora per averne ricevuta la soprantendenza da Valente e non da Teodosio, inalzato di poi al supremo comando, il quale forse ignorava chi e’ si fosse. Fattone pertanto avvertito con lettera il senato Costantinopolitano ed avuta da esso facoltà di por mano a quelli provvedimenti che ritenesse più acconci, allontanò dalle cittadi il sovrastante periglio come prendo a narrare. Chiamati a sè i militari prefetti delle truppe e richiestili del giuramento partecipa loro le sue intenzioni. Eglino, portovi orecchio, spargono voce tra’ barbari di ciascheduna città che l’imperatore largheggiar volendo seco loro non solo di pecunia, ma ben anche di campi, onde amicarli alla sua persona ed al popolo Romano, invitavali a convenire in determinato giorno entro le metropoli. I giovani da sì belle speranze animati differiscono, reprimendo alcun poco lo sdegno, l’imprendere la rovina di que’ luoghi, ed al giugnere il dì stabilito corron tutti dove indicato avea il comando. I militi a simile non dimentichi degli ordini ricevuti, ascesi li tetti