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LIBRO QUARTO | 191 |
militi e borghigiani caddero vittime delle fiamme, nè fuvvi chi rinvenire potesse l’imperial corpo1.
In questa pressochè disperata condizione delle imperiali faccende Vittore comandante de’ Romani cavalieri campato con altri pochi dal massacro avviossi nella Macedonia e Tessaglia e di là nella Misia e l’armonia, ove espose a Graziano, quivi di stanza, l’occorso, insiem colta morte di Valente e colla distruzione dell’esercito. Quegli non molto addolorò udendo la perdita del zio, surta fra loro essendo qualche ruggine, e poichè vedevasi non sufficiente al governo di così malconce popolazioni, occupata essendo la Tracia dai barbari, la Misia e la Pannonia travagliate anch’elleno dai confinanti Sciti, molti de’ quali a dimora presso Reno dati eransi, franchi da impedimento comunque, a turbare le genti, elesse a collega dell’impero Teodosio originario di Canea, città della Ispanica Callegia, guerriero non privo di cognizioni per sostenere un militare comando. Posti dunque sotto il costui reggimento gli affari della Tracia e dell’Oriente, egli incamminossi agli Occidentali Galati per assettare, potendo, le occorenze di que’ luoghi.
Durante il soggiorno dell’imperatore Teodosio in
- ↑ «L’imperatore al primo calar delle tenebre essendo infra militi, come supponeasi (poichè nessuno attesta di averlo veduto), cadde ferito gravemente di saetta, ed esalò quindi lo spirito, nè in alcun luogo fu più rinvenuto.» Marcel., il quale poco dopo aggiugne essere più verisimile che Valente uscisse di vita nel modo riferito dal Nostro. T. S.