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190 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

spetto nell’imperatore, Sebastiano lo avvisa di non abbandonare la sua dimora, nè cimentarsi a proceder oltre, facile non essendo con tanta moltitudine di gente il venire a dichiarata guerra col nemico, ma far uopo con rigiri ed impreveduti assalimenti accattar tempo onde la diffalta di vittuaglia lo forzi, per disperazione, o alla resa, ovvero a retrocedere dal suolo Romano, e piuttosto sommettersi agli Unni che a miserande stragi solite compagne della fame. Se non se mentr’egli così ammonivalo i favoreggiatori d’un contrario partito eran tutti nell’eccitarlo ad uscire a campo alla testa dell’intero esercito1, come se fatto già cecidio della maggior parte de’ barbari, il principe fosse per riportarne compiuta vittoria. Seguitosi da Valente il consiglio peggiore, il destino anch’egli vi corrispose, ed alle universe truppe guidate senza ordine veruno alla pugna i barbari di colpo iti incontro e rimasi vincitori di gran lunga nell’aringo quasi pienamente giunsero ad annientarle. Ritiratosi poscia l’Augusto a corsa con piccola scorta de’ suoi in una borgata non cinta di muro, fu il luogo attorniato da combustibile materia, ed appicatole fuoco quanti aveanvi là entro

  1. Adduco la principale cagione motrice di Valente: Da Melantiade, imperiale villa presso Costantinopoli, fatte partire le insegne affrettatasi di agguagliare con egregia impresa il giovin figlio del germano, gelosissimo addivenuto delle costui virtudi, il quale frenò per modo i feroci Alemanni che volontariamente addimandarono il permesso di retrocedere alle proprie case. Marcel., lib. XXXI.