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182 | ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA |
valorata da giuramento, il principe loro, ucciso avealo non levatisi ancora dalla mensa i convitati. Laonde i Pannonj esposti furono alle barbariche scorrerie senza sperare aiuto dalle milizie che difendeano eziandio negligentemente i luoghi murati, e non meno dei Sarmati e de’ Quadi travagliavano la regione sita di qua dal fiume. La Misia per converso in tale scompiglio non ebbe a patir danno, resistendo Teodosio maestro delle milizie con grande animo al nemico, e forzandolo a cercare colla fuga salvezza; rendutosi per sì bella vittoria glorioso, potè nel tratto successivo conseguire l’impero; di ciò terremo a suo tempo discorso.
Valentiniano fremente ai ricevuti annunzj passa dai Celti nell’Illirico deliberando mover guerra ai Quadi e Sarmati; dà all’uopo la capitananza dell’esercito a Merobaude, riputato ad ogni altro superiore nell’arte delle armi. Durando più del consueto il verno, i Quadi col mezzo di legati rivolgongli contumeliosi discorsi, ed egli, udendone, corrucciatosi, e ridotto da soverchia ira quasi alla demenza, fu spento da sanguigno afflusso in bocca ostruendone le arterie vocali. Dimorò nell’Illirico mesi nove meno pochi giorni, e terminò la mortale carriera principiato l’anno dodicesimo del suo impero.
Lui morto un fulmine caduto dal cielo in Sirmio arse la reggia insiem col foro, prodigio ritenuto di cattivo augurio per la repubblica da coloro che interpretano sinistramente cosiffatte vicende. In parecchi luoghi tremuoti scossero il suolo, e Creta ed il Peloponneso colla rimanente Grecia ebbero vie più a patirne, ove molte