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LIBRO QUARTO | 173 |
trascurarono appalesarne di lancio i macchinamenti. Nè ricorrendo affatto a legale giudizio incrudeliva verso ognuno, estendendo la sua indignazione tanto sopra i consapevoli de! misfatto, quanto sopra i legati di parentela o di amicizia col reo, avvegnachè non macchiati di colpa veruna.
Tale andando le bisogne delle provincie commesse a Valente, il fratello Valentiniano a dimora presso de’ popoli oltr’Alpi era pur egli esposto a gravissimi ed inopinati sinistri. Poichè i barbari rammentando il sofferto da Giuliano, dopo conferitogli il cesareo potere, non a pena udironne la morte, scossa ogni temenza dagli animi e tornati all’antica naturale audacia, mettevano a soqquadro senza eccezione i luoghi suggetti al Romano impero. Valentiniano adunque ito lor contro chiamolli a sanguinata battaglia, ed i barbari vincitori dell’aringo seguivanne colle armi in pugno le orme. Egli tuttavia determinossi a non evitare colla fuga il pericolo, e tollerato pazientemente lo scacco ricevuto, ne chiese gli autori, coloro intendomi che primi voltarono le spalle. Avutene esattissime notizie comprovanti della rotta in colpa la Batavica legione, comandò fosse ragunato in armi l’esercito, quasi profferir volendo alla truppa in ascolto parole, che dette pubblicamente riuscir potessero vantaggiose all’universale. Ma la sua favella diedesi ad imporre vergogna ed infamia per l’intera vita ai giudicati rei della sconfitta, comandando che spogliati delle armi locati fossero da banda, messi all’incanto come fuggitivi mancipj, e consegnati per essere tradotti, spettatrici le milizie, altrove, a chi ne